Certe volte le interviste possono essere un’occasione per fare una discussione piacevole tra amici vecchi e nuovi. Sono con Lidia Vitale, Pino Manzella e Giovanna Gennaro, la pittrice modicana le cui opere in questi giorni sono ospitate al Margaret Cafè di Terrasini. Ascoltiamo la voce di un’artista la cui sensibilità si esprime sia nelle opere che dipinge, che nelle parole che ci regala con toni gentili.

Giovanna Gennaro è una pittrice dal tratto raffinato che comunica molto su un piano emozionale, è  giunta a Terrasini da Modica per mostrarci le sue opere, e più le osservo più mi rendo conto che questa è un’occasione da non perdere perché questi quadri sono lievi, onirici, fluttuanti, trasportano in un’atmosfera quasi irreale, pur nascendo da paesaggi dell’ esistente. Come fa notare il pittore Pino Manzella, da  questi scenari spesso notturni, tenui, soffusi, esplode una luce improvvisa, bagliori imprevisti che  irradiano tutto.
Lidia inizia la chiacchierata complimentandosi con la pittrice per questa mostra, il  cui titolo “Il Visibile Naturale”, tratto dalla recensione scritta dalla Prof.ssa Eugenia Storti, rende giustizia alla scelta di “rappresentare la natura in maniera spontanea, con colori e un tratto che offrono l’aspetto esperienziale della proiezione della natura, riflettendo una forte sensibilità nell’approcciarsi al mondo naturale”. “Quali sono le tappe ed i momenti cruciali del tuo percorso artistico e da cosa trai ispirazione”.
“La produzione letteraria mi ispira moltissimo. Nella produzione letteraria troviamo la vita, l’atmosfera, la follia. Ho rappresentato le maschere di Pirandello che esprimono  la diversità di ognuno di noi, quello che nascondiamo,  le apparenze che a volte ingannano.  Oltre alla produzione letteraria, mi ispira il visibile,  la natura. Ultimamente  ho dipinto paesaggi, soprattutto quelli dove è concentrata la storia, il parco archeologico, dove c’è la storia del nostro passato. E poi c’è la pietra che mi ispira, mi emoziona, mi incuriosisce, mi offre diverse possibilità. Sono spesso stata identificata con “La Città di Pietra”, questo lo sento come un premio alla mia pittura. Vivo in un territorio dove la pietra è dappertutto, nel barocco e nel paesaggio naturale. Quando sono arrivata a Modica, perché io sono nata e cresciuta in Belgio, la prima cosa che mi colpì  è la pietra, le geometrie nelle campagne, questa pietra così ben disegnata, questi ricami sulla terra.
Mi soffermo sulla doppia natura che emerge dai suoi quadri: “la pietra è così materica, forte e poi c’è tutto questo contorno soffuso, delicato, spirituale. Da cosa nasce questa dualità, questa sorta di doppia identità?”
“A proposito delle maschere di Pirandello, dentro noi abbiamo tanto che non conosciamo, che non diamo subito”.
Pino Manzella: “ tu sei pure una cantante, se non sbaglio canti in un Coro Polifonico, la musica entra in qualche modo nei tuoi quadri?
“Penso di si. Tempo fa mi hanno chiesto di partecipare ad una collettiva con  il Gruppo di Scicli, il tema era la musica. In quel periodo studiavo Giuseppe Verdi, la Traviata, e così ho pensato a lui, ho rappresentato un omaggio a Giuseppe Verdi.
Lidia:  “quindi la musica si mescola alle altre forme d’arte”.
“Tutta l’arte mi riempie di gioia.”
Lidia: “Qui in Sicilia chi vuole fare arte, intanto deve sentire forte la sua vocazione, ma anche il  portarla avanti richiede un sacrificio perchè non c’è un  humus,  una situazione sociale, economica, politica che promuove lo sviluppo dei talenti. Come ti sei trovata ad aver dato voce e spazio al tuo modo di esprimerti?”.
Ho cominciato così, per caso. Ho preso i pastelli, intanto perché era una cosa che mi piaceva. Pian piano ho disegnato, ho copiato, ho studiato. I miei primi dipinti consistevano nel  copiare Renoir, Degas, gli Impressionisti. Erano dei divertimenti enormi , poi diventarono un impegno.
Pino: “hai frequentato una Scuola d’Arte?”.
“ Ho frequentato la Scuola “Salvatore Ferma” di Angelo Campo a Ragusa per diversi anni, una Scuola d’Arte fondata dal grande acquerellista di Chiaramonte Gulfi, Giovanni De Vita. Amavo molto i suoi acquarelli. Angelo Campo portò avanti la sua Scuola e per diversi anni ho imparato tutte le tecniche, olio, pastello, acquarello, tempera, ma soprattutto il disegno perché nelle mie opere c’è molto disegno anche se è nascosto dal pastello, dal colore.  Io devo molto ad Angelo Campo. Un giorno, dopo anni che frequentavo il laboratorio, che era anche un modo per incontrarci, per stare insieme con un gruppo di amici con i quali facevamo delle mostre con grande entusiasmo,  mi disse: “hai ali per volare da sola”. Quando mi sono allontanata dall’Accademia mi dispiacque…
Lidia: “significava dover lasciare la sicurezza, la protezione..”
“E la possibilità di lavorare con gli altri. Poi invece capii che aveva ragione.”
Pino: “Scendiamo nella tecnica, ci sono pastelli realizzati con i gessetti e pastelli ad olio grassi, tu quali usi? Il bianco che esplode nella notte è un pastello ad olio?”.
“Chiudo un’opera con il pastello secco perché mi da questa mescolanza di colori. Lavoro spesso con  il pastello secco, con il quale ormai ho acquisito la mia manualità, la gestualità, ma mi aiuto anche  con l’olio e con l’acquarello. Potrei realizzare un pastello subito dopo aver fatto delle velature di acquarello e poi chiudere col pastello oppure viceversa, insomma, è una tecnica mista, ma non svelo tutto però! Quel bianco che esplode, come tu hai fatto notare nell’introduzione alla mostra, è realizzato con quel colpetto, quella pressione del pastello ad olio che grazie alle sue proprietà si lega al pastello secco che è più etereo, dandogli  materia”.
Le faccio una domanda per approfondire un tema che mi aveva accennato in precedenza: “poco fa mi hai detto che per dipingere i tuoi paesaggi utilizzi la memoria, sarà per questo che forse il reale si mescola con l’irreale.  Li hai definiti proprio paesaggi della memoria, cosa intendi?”.
Inizio da paesaggi esistenti e poi vado per conto mio, facendo scorrere i miei ricordi… Per raggiungere Terrasini ho viaggiato ed ho guardato, so già cosa dovrò fare quando torno a casa. Il parco delle Madonie, le colline, i vigneti sono veramente molto interessanti.
Come è per una donna essere un’artista, hai trovato difficoltà per affermarti?
“ Per le donne tutto è più complicato, c’è sempre qualcosa in più da fare. Io sono stata fortunata perché sono riuscita a conciliare un po’ tutto, ma la cosa che è importante in questo mondo è volere, avere la passione, amare. Io non potrei stare senza i miei colori. Se non prendo i miei colori è perché ho bisogno di immagazzinare nuove notizie, nuovo materiale per poi ricominciare.
E questa passione, questa delicatezza, questa arte ci viene incontro come un canto soave. Se un soffio leggero sembra aver liricamente adagiato i colori soffusi sulla tela, con una musica dolce questi paiono sollevarsi, elevarsi e raggiungerci, coinvolgendoci in una danza aggraziata tra l’immaginazione e la realtà.
pubblicato su http://www.cinisionline.it/2015/06/22/il-visibile-la-pietra-e-la-luce-nella-pittura-cantata-di-giovanna-gennaro-intervista/15122